Scalatore, esploratore, giornalista e scrittore, Walter Bonatti aveva 81 anni e nella sua lunga storia sulle montagne un capitolo particolare avevano avuto le vicende polemiche seguite alla scalata del K2 nel 1954, alla quale aveva preso parte con Lacedelli, Compagnoni e con il capo spedizione Ardito Desio. Solo 54 anni dopo è stata restituita ufficialmente al mondo la verità, quella per cui Bonatti, attraverso i suoi libri, si è battuto con passione. Quella verità che era stata chiara fin da subito.
«Non sono un figlio della montagna, ma del fiume Po che sognava le terre lontane di Jack London e Ernest Hemingway», raccontava un anno fa Bonatti. «Sono un uomo fortunato – aggiungeva – perché queste terre ho avuto modo di vederle di persona, prima come alpinista e poi come inviato di Epoca».
A fine carriera, nel 1965, scelse la penna e girò il mondo per raccontare agli italiani le meraviglie del pianeta Terra. La Patagonia e Capo Horn, il vulcano Nyiragongo in Congo, il grande Orinoco e la regione amazzonica. Migliaia di chilometri in solitaria, ad ogni latitudine, meglio se mai battuta prima da piede umano, raccontati in articoli, reportage, libri. Ma la sua leggenda era nata nel 1951, con la conquista della parete Est del Grand Capucin, sul Monte Bianco. E poi decine e decine di vette, sulle sue Alpi.
Per chi volesse approfondire legga i suoi libri. Ne indichiamo alcuni:
Ho “conosciuto” Bonatti quando ero ragazzo, quando su Epoca venivano pubblicati i servizi sulle sue esplorazioni: L’Orinoco, il Rio delle Amazzoni, la Patagonia, Sumatra, l’Africa, l’Australia e devo anche a lui la mia voglia di viaggiare, conoscere, vedere, imparare. Non ho avuto la fortuna di poterlo conoscere personalmente. Mi sarebbe piaciuto molto !!
Sarebbe piaciuto anche a noi, conoscerlo e magari organizzare un incontro pubblico. Purtroppo non c’è più.